YouTube: ragione e sentiment
O del perché tutti parlano di YouTube e dovresti farlo anche tu.
Ciao! Questa è la newsletter de I MILLE. Si chiama Forward perché da qui guardiamo in avanti, cercando di interpretare i cambiamenti del mondo. E perché da qui inoltriamo al mondo i nostri pensieri, le nostre storie ed esperienze.
Verremo a bussarti più o meno una volta al mese. E lo faremo raccontando storie di comunicazione, design, tecnologia e business. Analizzando i trend e i fenomeni emergenti più rilevanti. Confrontandoci con quello che c’è di più interessante là fuori.
Devo dirlo a qualcuno.
Quante persone conosci che paghino un abbonamento mensile a YouTube Premium? Come nessuna? Se stai leggendo queste righe, ne conosci almeno una. Ciao, sono Matteo e sono abbonato a YouTube Premium dal 2018.
Giudicami pure. Ma fallo nei commenti.
Ora che mi sono tolto questo peso, passiamo alle presentazioni. Sono Content Director in I MILLE, parte del gruppo TXT. Siamo una società di consulenza creativa globale, nata e cresciuta con la cultura dell’indipendenza, maturata grazie a una visione internazionale. Come te, altri +1700 tra professionisti della comunicazione, del marketing e del digitale leggono (e speriamo inoltrino) I MILLE Forward, e in più di 26.000 restano aggiornati su quello che abbiamo da dire seguendoci su LinkedIn e Instagram. Se resti fino alla fine mi fa un sacco piacere.
Non tutta la febbre vien per nuocere.
Non lo scopriamo noi, non lo scopriamo qui: YouTube’s on fire, ed è probabilmente la piattaforma globale di intrattenimento al momento più solida. Un paio di numeri:
2,5 miliardi di utenti attivi mensili (Statista, 2023);
il 95% degli utenti internet italiani naviga regolarmente tra tutorial, video musicali e contenuti di intrattenimento (We Are Social, 2023);
Gli Shorts hanno in media 70 miliardi di views giornaliere dal loro lancio nel 2021 e, anche grazie alle modifiche dell’interfaccia che li rende prioritari, la rincorsa a TikTok sembra efficace. A differenza del fenomeno cinese, e sicuramente non a caso [IMMAGINARE OCCHIOLINO], YouTube ha anche qualche grattacapo in meno da gestire in Occidente.
A quanto pare YouTube tiene al proprio stato di salute, e ha imparato che questo è direttamente proporzionale a quello dei suoi creator (o almeno della loro parte più seguita):
ad agosto 2024, il compenso tipico per i creator negli Stati Uniti sarebbe di circa 120.226 dollari l'anno (57,80 l'ora, 10.018 al mese);
i creator riceverebbero circa il 55% delle entrate generate sui loro canali (ogni 100 dollari spesi da un inserzionista, 55 andrebbero al creator).
Il supporto di YouTube ai creator non si deduce solo da numeri e modelli di revenue, ma anche da azioni e programmi pensati per far crescere le loro competenze, la qualità dei loro contenuti, il loro pubblico. Una piccola panoramica delle azioni messe in campo per sostenerli:
Fondo Shorts: fondo da 100 milioni di dollari destinato a premiare i creator che producono Shorts di successo.
YouTube NextUp: programma di formazione e supporto per creator emergenti (workshop, mentoring e finanziamenti).
YouTube Creator Academy: piattaforma online che offre corsi e risorse gratuite per aiutare i creator a migliorare le proprie competenze e far crescere il proprio canale.
YouTube Space: eventi pop-up con studi di produzione itineranti e gratuiti a disposizione dei creator in diverse città del mondo.
Diversificare, diversificare, diversificare.
Lo diceva pure mio nonno, che nella vita ha sempre fatto l’agricoltore. Perché non dovrebbe valere anche per YouTube? Che non è solo una piattaforma di svago: le persone la percepiscono sempre di più come una fonte di informazione e apprendimento, con il 70% degli utenti che dichiara di aver imparato qualcosa di nuovo proprio grazie ai video di YouTube (Pew Research Center, 2022).
E il successo si traduce in numeri da capogiro. Al traguardo del secondo trimestre del 2024 (30 giugno) i ricavi pubblicitari di YouTube sono passati dai 7,66 miliardi di dollari del 2023 agli 8,66 miliardi di dollari del 2024. Ecco alcuni degli investimenti, alla base della strategia di diversificazione, che probabilmente sono tra le ragioni di questi risultati.
YouTube (già nel 2022) ha ottenuto i diritti per trasmettere il pacchetto NFL Sunday Ticket, che consente agli spettatori di guardare tutte le partite della domenica della stagione regolare NFL al di fuori della loro area di mercato locale (valore: 2 miliardi di dollari all’anno).
Ha siglato anche un accordo con la MLB per trasmettere "Friday Night Baseball” (valore: quasi 600 milioni di dollari e durerà fino al 2029).
A partire dalla stagione 2025-2026, YouTube trasmetterà 66 partite regolari della NBA per stagione, come parte di un nuovo accordo di diritti che include anche ESPN e NBCUniversal.
E poi c’è la Nascar e molto altro. Tutto questo viene trasmesso su YouTube TV, un servizio ― costosissimo per i nostri standard ― al momento disponibile solo negli Stati Uniti, ma rende l’idea del peso massimo che tutti proveranno a combattere. Avrai letto altrove, o se come me hai colleghi under 30 te l’hanno detto loro, che persino Spotify sta andando al contrattacco, dopo che la piattaforma globale sulla quale le persone ascoltano più podcast, indovina indovinello, rischia di diventare proprio YouTube.
Stai ancora guardando (cit.)?
Allora, se non hai ancora deciso di iscriverti, potresti farci un pensierino. Sei già dei nostri? Allora forse vuoi parlar male di noi con qualcuno a cui tieni, mandagli il link qui sopra e lascia che giudichi da sé. Oh, poi puoi sempre cambiare idea e tornare indietro, mica siamo come con l’algoritmo di YouTube.
Dai, confessa.
Rispondi su due piedi se riesci: quanti servizi di streaming paghi in questo momento? Esatto, forse non ricordi al volo numero e costo complessivo, ma è probabile che la prima parola che ti è venuta in mente sia “troppi”.
Eppure io al mio abbonamento a YouTube Premium, che mi smacchia i contenuti da tutte le interruzioni, signora mia, non rinuncerei mai. Nemmeno in cambio di due abbonamenti ad altre piattaforme (se cogli la citazione, sei su questo Pianeta da un botto, c’è poco da festeggiare). Questo vizietto ha un’unica controindicazione per noi che facciamo comunicazione, la necessità di avere un altro account base per non perdersi la pubblicità. Che brutta vita, già.
Per sentirmi meno solo, ci tengo a specificare che nel mondo ci sono più di 100 milioni di persone che condividono con me il vizio del Premium (dato ufficiale di febbraio 2024, oggi potrebbero essere di più). E per completezza va detto che i vantaggi non si limitano all’eliminazione delle interruzioni pubblicitarie, ma comprendono anche:
Download e riproduzione offline: per scaricare video e playlist da guardare offline su smartphone, tablet o PC.
Riproduzione in background: per ascoltare l'audio dei video mentre si utilizzano altre app o quando lo schermo del dispositivo è spento, (perfetto appunto per podcast e musica).
YouTube Music Premium: accesso gratuito a un catalogo di oltre 100 milioni di brani, playlist personalizzabili e ascolto senza pubblicità.
Contenuti originali YouTube Originals: accesso a film e serie TV originali prodotti da YouTube, spesso con star di alto profilo e trame innovative (Kobra Kai ti dice niente?).
Colpo di scena.
Streaming giants are bleeding. Mentre Netflix, Disney+, Prime Video e compagnia bella, dopo la sbornia da quarantena, sono corsi ai ripari con abbonamenti a prezzi popolari prima, e con pubblicità poi (ma sembra comunque non bastare), YouTube va avanti per la sua strada.
Lo scorso 20 settembre ho ricevuto una e-mail con oggetto “Aggiornamento relativo al prezzo di YouTube Premium”. Fino a oggi ho pagato 11,99 euro al mese, da novembre ne pagherò 13,99. E, bada bene, non riceverò nulla in cambio se non tutto quanto ha già reso questa piattaforma quella su cui passo la maggior parte del mio tempo libero davanti a un televisore. Come giustificano questo aumento? Semplice, in maniera coerente con quanto hai letto fin qui.
Crepi l’avarizia.
Molta parte degli introiti di cui abbiamo parlato poco fa sono infatti reinvestiti in innovazione tecnologica e, soprattutto, nella remunerazione dei creators. Il programma di partnership di YouTube (YPP) ha distribuito miliardi di dollari ai creators negli ultimi tre anni, offrendo un modello di revenue sharing basato sulla pubblicità e sugli abbonamenti.
YouTube è quindi una piattaforma apprezzata da chi fa content, con il 62% che si dichiara soddisfatto delle opportunità di guadagno offerte (Influencer Marketing Hub, 2023).
Insomma, trattare i protagonisti della piattaforma come attori fondamentali del suo successo potrebbe essere tra i principali motivi che giustificano lo stato di grazia di YouTube che, a distanza di quasi 20 anni dalla sua nascita, si conferma un ecosistema vivo e capace di adattarsi alle esigenze di un pubblico globale, offrendo al contempo ai creators gli strumenti per trasformare la propria passione in una professione. O in un esperimento sociale. O in un successo apparentemente senza fine che poi diventa una enorme gatta da pelare.
Luccica, ma non è per forza oro.
Quindi è tutto magicamente perfetto? Sono i social media, bellezza! Certo che no.
La “cultura del gratis” in Italia è ancora molto radicata. Mediamente si è ancora disposti a sopportare la pubblicità pur di non pagare un (altro) abbonamento e continuare a fruire di contenuti gratuiti.
Solo il 22% degli utenti italiani ha scelto di pagare per YouTube Premium.
Il 48% degli utenti utilizza ancora un adblocker per aggirare il problema, con la piattaforma che ogni volta prova a renderli inutili.
Il prezzo dell'abbonamento in Italia era considerato piuttosto alto già prima dei recenti aumenti. Se il costo della versione standard crescerà del 16,7%, quello del piano famiglia crescerà addirittura del 44,5%. Con la fortissima e incessante competizione delle altre piattaforme per prendersi ciascuna una fetta del pubblico (e dei soldi) delle altre, fino a quando secondo te questa gallina dello streaming continuerà a deporre uova d’oro?
Televisione tradizionale, sei tu?
Questa è la parte della newsletter nella quale cominciamo a raccogliere i ferri del mestiere prima di levare le tende, ma traendo nel mentre delle conclusioni utili.
#1 Qualsiasi cosa ci sia scritto nel brief (lo senti anche tu questo “attraverso un uso innovativo della piattaforma”?), il 99% dei brand userà YouTube sempre e solo come repository. E se almeno un paio delle informazioni qui sopra sono corrette, sembrerebbe davvero un peccato.
#2 Se tu non sei su una piattaforma, se un tuo competitor non è su quella piattaforma, non vuol dire che non sia il place-to-be per il tuo brand.
#3 Se ti sembra che i Millenial e la Gen Z siano altrove, non vuol dire che altrove ci siano i big money. Facebook ne sa qualcosa.
Siamo alla fine. Non ci ho messo moltissimo dai, devi ammetterlo. So bene con quanti altri contenuti devo combattere per avere la tua attenzione. D’altra parte, quando mi tolgo gli occhiali, sono un semplice utente pure io.
Domanda aperta.
Ma tu YouTube lo usi? E le persone intorno a te? Faccelo sapere lasciandoci un commento, dai. Sennò questo diventa un noiosissimo monologo, e di quelli è pieno il Web.
Chiudiamo con un promemoria che ci ossessiona: ricordiamoci di osservare senza preconcetti il presente, perché è l’unica cosa che si può analizzare partendo dai fatti.
Easter egg.
Se stai leggendo persino queste righe, devo necessariamente ricambiare lo sforzo con un bonus: lo sapevi che al Parlamento Europeo siede uno YouTuber eletto solo grazie ai suoi iscritti? Già, non ci si crede eppure è vero. Lui è Fidias Panayiotou, trovi un po’ della sua recente “storia politica” cliccando qui.