Kōan, Haiku e altre manifestazioni della qualità
Cosa succede se partner e creativi smettono di rincorrere l'effetto “wow”? Guida pratica e teorica al concetto di qualità inteso come possibilità di relazione.
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Io sono Graziano Losa, Creative Lead de I MILLE e sono quello da cui tutti in agenzia si aspettano un occhio di riguardo sulla qualità nelle cose che produciamo, perché prima o poi questa qualità tornerà utile, soprattutto ai nostri partner.
La domanda in fondo è proprio questa, in che modo la qualità impatta anche la relazione con i partner?
Durante un evento interno con tutti i colleghi di I MILLE ci sono stati concessi a turno 3 minuti per raccontare un avvenimento particolarmente importante che ha segnato la nostra vita. Subito ho pensato a un libro che mi ha particolarmente illuminato su un tema che affrontiamo quotidianamente: che cos’è la qualità?
Il libro è Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta (1974) di Robert M. Pirsig, un viaggio on the road tra il fisico e il metafisico sulla qualità.
Il tema della qualità non riguarda solo l’output professionale nell’ambito della consulenza creativa, ma anche le relazioni tra questi esperti e i propri partner. Vediamo come.
La qualità puoi solo subirla.
Immaginate di essere una consultancy creativa, detentrice e promotrice del lavoro di qualità. Ora immaginate di essere un partner alla costante ricerca “dell’effetto WOW”.
Cara consultancy, cari partner, state sbagliando entrambi, perché la qualità (l’effetto WOW, disruptive, la big idea! chiamatela come volete) si può solo subire.
La qualità è qualcosa che si manifesta alla fine di un processo e non al suo inizio, come in molti pensano.
Non è possibile venderla, né tantomeno pretenderla. Possiamo solo fare di tutto per tendere verso di essa. Sì, ma come?
Le 3 dimensioni metafisiche della qualità.
Nello ZAMM, Pirsig propone una teoria sulla “metafisica della qualità”: la qualità non è nel soggetto, né nell’oggetto. È qualcosa che avviene nella relazione tra i due.
Per capirlo meglio, pensiamo alla qualità come una relazione tridimensionale.
Ci sono un soggetto e un oggetto. E ci sono tre dimensioni fondamentali:
Ogni dimensione ha due sottodimensioni, dimensioni INTERNE e dimensioni ESTERNE.
1. Lo Spazio
Interno: è lo spazio mentale della relazione, fatto di pensieri, desideri, aspettative.
Esterno: è l’interazione fisica e ambientale, fatta di ergonomia, gesti, distanze, contesti.
2. Il Tempo
Interno: è il tempo che decidiamo di dedicare alla relazione.
Esterno: è il tempo oggettivo, quello che ha plasmato l’oggetto (le materie prime, i processi), e quello che dedicheremo al suo sviluppo.
3. L’Esperienza
Interna ed Esterna: si traducono entrambe attraverso i cinque sensi. L’interazione sensoriale è ciò che genera memoria, coinvolgimento, significato.
Le tre dimensioni nella consulenza creativa.
Questa struttura metafisica ci offre un modo potente per leggere la qualità nei progetti creativi e nelle relazioni di consulenza. In particolare:
Lo Spazio è ciò che permette alla consultancy di esprimere il proprio stile, la propria visione, occupando un territorio mentale e progettuale condiviso.
Il Tempo è ciò che i partner devono saper concedere per permettere alla qualità di emergere: tempo per esplorare, tempo per rifinire, tempo per sbagliare.
L’Esperienza è ciò che collega tutto: è la memoria di un percorso fatto insieme, di scelte condivise, di risultati costruiti in modo partecipato.
Cosa comporta tutto questo?
Qualità è felicità
In sintesi, un lavoro di qualità non è mai opera del singolo, ma nasce da un processo virtuoso in cui consultancy e partner collaborano in modo autentico.
È un’energia che cresce nella fiducia reciproca, nella condivisione dei processi, nella trasparenza delle intenzioni.
Un lavoro di qualità avrà permesso alla consultancy di esprimere se stessa, il proprio stile. Un lavoro di qualità avverrà solo se i partner saranno coinvolti nei processi che solitamente restano nascosti. Un lavoro di qualità sarà possibile solo se si concederanno tempi e risorse adeguate. E, soprattutto, un lavoro di qualità si baserà sulla fiducia reciproca.
La felicità è la conseguenza naturale di un lavoro fatto nel miglior modo possibile, nel tempo giusto, con le persone giuste.
L’alternativa? La mediocrità.
Ma chi vuole essere mediocre?
Oltre lo Zen… Koan e Haiku
C’è un altro libro che ritengo prezioso al pari dello ZAMM: Il Leopardo delle Nevi (1978) di Peter Matthiessen. Anche questo libro parla della ricerca di qualcosa di invisibile.
Nel trekking tra i paesaggi del Dolpo (Nepal), la ricerca del leopardo diventa un viaggio verso qualcosa che è, per sua natura, sfuggente e indecifrabile.
Nel libro si incontrano riferimenti alla spiritualità orientale, ai Kōan, descritti come “paradossi Zen che non vanno risolti con l’intelletto”. Eccone alcuni:
Have you seen the snow leopard?
No! Isn't it wonderful?!
Hai visto il leopardo delle nevi?
No! Non è meraviglioso?!
Paolo Cognetti, nel suo Senza mai arrivare in cima, ne inventa uno:
Chi ha visto il monte Kailash dalla cima inviolata della Montagna di Cristallo?
Provando a dare più risposte a questo Kōan: “Il vento”, “il sole”, “la luna” o “una nuvola”, sono risposte plausibili che non negano il paradosso in quanto, solo con queste possibili risposte, entrambe le cime restano inviolate. Dobbiamo però accettare una cosa illogica, ovvero che vento, sole, luna e nuvole siano capaci di “vedere”.
Anche Pirsig ci lascia alcuni kōan sul concetto di “vedere”:
Qual è la differenza tra vedere una motocicletta come un insieme di pezzi e vederla come un tutto?
Altre manifestazioni
Nei due libri compaiono anche gli haiku, brevissime poesie capaci di condensare spazio, tempo e sensi in tre versi.
Da Il Leopardo delle Nevi:
«Uomini-nuvola sotto i carichi.
Nella neve una riga nera di orme.
All’improvviso nulla».
Da Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta:
«Montagne nel sole,
un ronzio di meccaniche,
la strada svanisce».
Haiku e kōan sono manifestazioni della qualità: piccole forme che aprono varchi nella percezione, creano relazioni, liberano immaginazione. Proprio come accade nei progetti migliori.
Questa narrazione non può che chiudersi con la domanda che Pirsig si pone nello ZAMM:
«Che cos’è la qualità? Come puoi riconoscerla, se non esiste una definizione precisa?»