La comunicazione nell'era della percezione manipolata
"È necessario unirsi, non per stare uniti, ma per fare qualcosa insieme." Johann Wolfgang von Goethe
Ciao! Questa è la newsletter de I MILLE. Si chiama Forward perché da qui proviamo a guardare in avanti (e anche perché se poi le cose che scriviamo ti piacciono le puoi inoltrare a qualcuno che ti piace). Come te, altre +1700 persone che lavorano nel mondo della comunicazione, del marketing e del digitale leggono I MILLE Forward, e in più di 26.000 seguono quello che abbiamo da dire su LinkedIn e Instagram.
Le relazioni come antidoto alle narrazioni semplificate
In un'epoca caratterizzata da un sovraccarico informativo senza precedenti, le narrazioni semplificate hanno paradossalmente guadagnato terreno proprio quando la comprensione della complessità diventa più necessaria. Il pensiero sistemico di Fritjof Capra ci offre una lente preziosa attraverso cui osservare questo fenomeno: viviamo in una "rete della vita" dove ogni elemento è interconnesso in un intreccio di relazioni che rendono impossibile comprendere qualsiasi fenomeno isolandolo dal suo contesto.
Questa visione sistemica rappresenta non solo un paradigma scientifico, ma un'opportunità per ripensare profondamente le nostre modalità comunicative. Le narrazioni dominanti tendono a frammentare artificialmente la realtà in slogan, privandola della sua ricchezza e del suo significato profondo. Il principio dell'interdipendenza ci invita invece a sviluppare approcci narrativi che rispettino la natura interconnessa dei fenomeni che descriviamo.
La sfida che si pone ai comunicatori contemporanei è quindi duplice: rendere accessibile la complessità senza banalizzarla e rivelare le connessioni nascoste dietro fenomeni apparentemente isolati.
Non si tratta semplicemente di complicare la comunicazione, ma di trasformarla in uno strumento che illumini le relazioni anziché oscurarle.
Risveglio consapevole
Il recente saggio Ipnocrazia. Trump, Musk e l’architettura della realtà (2024) analizza i meccanismi di manipolazione dell’informazione e del potere nell’era digitale, mostrando come il controllo non passi solo attraverso la censura, ma soprattutto attraverso la saturazione di stimoli, la gestione degli immaginari e la creazione di narrazioni che orientano (e disorientano) il pensiero collettivo in un flusso continuo.
Il testo esplora come figure del calibro di Trump e Musk stiano plasmando un nuovo paradigma della realtà attraverso la creazione continua di stati alterati di coscienza collettiva, di narrazioni capaci di modulare i desideri collettivi e colonizzare l'inconscio.
Leggere Ipnocrazia è stato illuminante, un piccolo shock che mi ha spinto a guardare con più lucidità il panorama mediatico che ci circonda, a sentire l'urgenza di condividere, discutere e riflettere collettivamente.
Non è solo un saggio ricco di spunti interessanti, ma un testo che invita a riflettere attivamente, a mettere in discussione le narrazioni dominanti e a creare nuove prospettive di dialogo. In un contesto segnato da frammentazione e polarizzazione, il silenzio equivale a una forma di complicità. Come professionisti della comunicazione, abbiamo la responsabilità di aprire spazi di pensiero condiviso e consapevole.
Questa newsletter nasce proprio da qui: dall’esigenza di scuoterci dall’abitudine e dalle solite urgenze, e provare a navigare con lucidità le acque turbolente dell’Ipnocrazia in cui siamo immersi.
I dilemmi del comunicatore contemporaneo
Nel contesto attuale della comunicazione, emergono questioni etiche di crescente complessità che meritano una riflessione approfondita.
Il confine tra persuasione legittima e manipolazione diventa sempre più sfumato in un'epoca in cui le tecniche persuasive sono potenziate da algoritmi e neuroscienze. La persuasione diventa problematica quando bypassa il pensiero critico del destinatario, quando crea bisogni artificiali, quando sfrutta bias cognitivi inconsci. Come professionisti, siamo chiamati a interrogarci costantemente se le nostre strategie rispettino l'autonomia del nostro pubblico o ne sfruttino le vulnerabilità cognitive.
Il paradosso dell'autenticità rappresenta un secondo dilemma cruciale. L'autenticità è diventata un valore fondamentale nel marketing contemporaneo, eppure viene strategicamente costruita attraverso tecniche comunicative sempre più sofisticate. Questo solleva interrogativi profondi sulla possibilità stessa di una comunicazione genuinamente autentica in un contesto dove anche l'autenticità rischia di diventare performance.
La dimensione tecnologica aggiunge un ulteriore livello di complessità. Gli algoritmi che governano l'ecosistema dell'attenzione sono progettati per massimizzare il coinvolgimento, spesso a scapito del benessere psicologico degli utenti. Questi meccanismi mantengono le persone costantemente al limite del desiderio (edging algoritmico), in uno stato di perpetua insoddisfazione, sollevando interrogativi sul nostro ruolo nell'alimentare o contrastare queste dinamiche.
La frammentazione della realtà percepita rappresenta forse la sfida più profonda. Comunità diverse abitano non solo spazi fisici distinti, ma anche realtà percettive apparentemente inconciliabili, con fatti, valori e verità divergenti. Come comunicatori, dobbiamo chiederci se il nostro lavoro contribuisce a costruire ponti tra queste realtà o ad approfondire i fossati che le separano.
Non in ultimo, emerge la questione della responsabilità verso il futuro collettivo. Ogni narrazione che creiamo contribuisce a plasmare una visione del futuro. È essenziale interrogarsi se stiamo contribuendo a futuri desiderabili per l'umanità nel suo complesso o se stiamo semplicemente rafforzando visioni parziali che beneficiano solo alcuni gruppi a scapito di altri.
Verso una nuova agency, per forme di consulenza consapevoli e responsabili
La comprensione di questi meccanismi non deve condurci al cinismo o alla rassegnazione, ma può diventare il fondamento per un approccio più consapevole alla comunicazione.
Abbracciare e comunicare la complessità significa rispettare l'intelligenza del pubblico e la natura interconnessa dei fenomeni.
Possiamo sviluppare narrative che rendano accessibile la complessità senza banalizzarla, ispirandoci a comunicatori – penso a David Attenborough, o scienziati divulgatori come Stefano Mancuso – capaci di rivelare le intricate connessioni di un ecosistema mantenendo la narrazione coinvolgente e accessibile.
Coltivare la presenza critica rappresenta una seconda dimensione fondamentale. In un'epoca di sovrastimolazione, possiamo contribuire a sviluppare un'ecologia dell'attenzione più sana, creando contenuti e occasioni che non solo catturino l'attenzione, ma la nutrano, invitando alla riflessione invece che al consumo passivo.
Il riconoscimento dell'interdipendenza nelle narrative ci porta a considerare ogni messaggio come parte di un ecosistema comunicativo complesso. Questa consapevolezza implica assumersi la responsabilità non solo per il contenuto esplicito dei nostri messaggi, ma anche per le loro risonanze e conseguenze sistemiche.
Una campagna pubblicitaria non esiste in isolamento, ma interagisce con innumerevoli altre narrazioni, contribuendo a plasmare il panorama culturale complessivo. Come architetti di realtà narrative, abbiamo il potere e la responsabilità di contribuire alla creazione di futuri responsabilmente desiderabili, futuri giusti e inclusivi, andando oltre gli obiettivi di business a breve termine.
In un panorama mediatico polarizzato, le narrative che riconoscono la complessità risultano paradossalmente più credibili delle semplificazioni. Democratizzare l'accesso ai significati è essenziale: una comunicazione etica condivide anche gli strumenti per interpretare le informazioni.
Nell'epoca in cui l'attenzione è la risorsa più preziosa e contesa, la sfida non è catturarla a qualsiasi costo, ma coltivarla eticamente. Come comunicatori, non siamo semplici spettatori, ma attori con un'agency (nel senso inglese del termine) innegabile, con il potere di plasmare la percezione collettiva, creare spazi di pensiero condiviso, abitare le crepe del sistema per aprire varchi di consapevolezza e sovvertire le logiche del controllo.
Questa newsletter nasce dalla necessità di avviare una riflessione su una possibile controriforma nella comunicazione. Non si tratta solo di offire formule, ma suggerire la necessità di una presenza diversa, non di trovare nuove parole, ma di generare nuove visioni, modellare mondi praticabili e accogliere glitch come alternative al sistema caleidoscopico dell’ipnocrazia fondato su dati e simulazione di certezze.
Sfuggire alla quantificazione, rallentare nel flusso ipnotico, creare zone ‘autonome’ – spazi fisici e mentali dove la logica algoritmica non può penetrare, progettare comunicazioni che abilitino relazioni sociali (non social) e raccontare futuri abitabili per tutti. Perché nel nostro quotidiano, stiamo contribuendo a creare occasioni di evoluzione collettiva.
viviamo in un’era in cui la costruzione narrativa non è più un semplice strumento di comprensione, ma il tessuto della realtà. https://www.tlonletter.it/p/jianwei-xun-non-esiste-eppure-esiste