Morgana non è un genere
"Ma non sarebbe bello raccontare storie di donne così abrasive così scomode che però cambiano le regole?": Intervista a Chiara Tagliaferri, co-autrice di Morgana.
Ciao! Questa è la newsletter de I MILLE. Si chiama Forward perché da qui proviamo a guardare in avanti (e anche perché se poi le cose che scriviamo ti piacciono le puoi inoltrare a qualcuno che ti piace).
Come te, altre +1800 persone che lavorano nel mondo della comunicazione, del marketing e del digitale leggono I MILLE Forward, e +26.000 seguono quello che abbiamo da dire su LinkedIn e Instagram.
Chiara Tagliaferri è un’autrice radiofonica, scrittrice e creatrice insieme a Michela Murgia di Morgana, uno dei podcast di maggior successo in Italia. Tra gli altri podcast da lei creati citiamo anche Le Diaboliques (sulle sorelle Giussani, le inventrici di Diabolik) e Sailor dedicato al mondo della moda. Per Mondadori ha scritto il romanzo Strega comanda colore. È stata intervistata dallo scrittore Matteo B. Bianchi nella sede de I MILLE, per il ciclo di incontri “I MILLE Welcomes”.
Come è nato il podcast “Morgana”?
È nato da un errore, come tante cose belle nella vita. Michela Murgia era venuta ospite in una trasmissione di Radio Due Rai dove lavoravo come autrice. Il conduttore l’aveva trattata in malo modo, perché non condivideva le sue idee, ma a lei erano piaciute le domande e al termine di quel brutto incontro lei ha voluto conoscere chi le avesse scritte. Siamo andate a prendere un caffè insieme e, parlando, abbiamo scoperto di essere tutte e due grandi fan di “Game of Thrones”. Non solo, ma che entrambe ritenevamo che in quel ciclo di romanzi (così come nella serie tv), anche se erano gli uomini a fare i combattimenti, erano le donne le vere protagoniste, coloro che tenevano le fila di tutto.
Michela a un certo punto mi ha detto: “Ma non sarebbe bello raccontare storie di donne così abrasive così scomode che però cambiano le regole?”.
E lì è nato il primo germe di quello che poi sarebbe diventato “Morgana”.
Forse pochi sanno che all’origine del podcast però ci sono una serie di rifiuti, da parte di Radio Rai…
Abbiamo scritto una puntata pilota, dedicata a Jane Fonda e a Margaret Atwood, che prevedeva Michela Murgia alla conduzione, e abbiamo pensato di provare a proporlo alla direttrice Radio Due Rai. Lei prima ci ha detto che dovevamo abbassare il livello, perché era troppo intelligente, poi ha aggiunto che una donna da sola al microfono non era credibile e bisogna metterle un maschio a fianco. Michela ha quindi registrato un numero zero, due numeri zero, tre numeri zero, sempre con dei conduttori maschi accanto a lei, che erano bravi, ma mai quanto Michela che, sebbene non avesse mai fatto radio fino a quel momento, aveva ritmo e velocità più di chi la radio l'aveva fatta per tutta la vita, semplicemente perché sapeva quello che stava dicendo. Questi uomini erano stati messi a fare in qualche modo la guardia a una donna che anche dalla nostra direttrice era considerata pericolosa e scomoda. Noi non volevamo nulla di edificante, perché eravamo stanche di storie di donne edificanti.
Volevamo storie di donne piene di crepe e piene di frantumi e di rotture. Volevamo però delle storie che fossero educative al coraggio della libertà e alla possibilità della diversità.
Tutto questo non avrebbe mai trovato casa in Rai. Allora ho contattato Rossana De Michele, che aveva da poco fondato Storie Libere, la prima piattaforma in Italia mirata a produrre podcast originali, e abbiamo trasformato il nostro progetto radio in un podcast. Era il 2018, eravamo praticamente delle pioniere del mezzo, in Italia.
Era bello perché era tutto inesplorato, ma non inesplorabile, quindi è stato molto divertente dare una forma a tutte queste storie che avevamo nella testa.
Molto in fretta Morgana è diventato un fenomeno. C'è stata una fortissima identificazione nei contenuti che voi portavate avanti e che evidentemente non si trovavano così facilmente altrove…
Devi pensare che le storie con le quali noi siamo cresciute erano tutte storie edificanti, in cui le donne erano sempre solo raccontate in un percorso unico di mogli e madri, non c'era la possibilità dell’anomalia.
Quindi raccontare donne arrabbiate offriva alle ascoltatrici la possibilità di rispecchiarsi profondamente.
Ne abbiamo raccontate quasi 60 in questi anni, e, soprattutto all’inizio, io e Michela non avevamo coscienza delle dimensioni del mondo che stavamo creando.
Raccontare queste storie ci ha permesso però di fare pace con le parti anche più oscure di noi, perché nessun essere umano è fatto solo di buoni sentimenti e senza rendercene conto abbiamo capito che le centinaia, le migliaia, i milioni di persone che ci ascoltavano condividevano questo pensiero. La cosa bellissima è che questa community che noi abbiamo creato, che all’inizio era soprattutto di donne, andava dagli 8 ai 90 anni.
Il successo di “Morgana” non si è limitato al podcast, ma ha dato vita anche a una serie di libri. Vi aspettavate questo successo?
Quando è uscito il primo libro, nel 2019, la primissima presentazione si è svolta a Roma, avevamo scelto di farla al Maxxi perché era stato costruito da una delle nostre Morgane, Zaha Hadid.
Ricordo che quello è stato quel preciso momento in cui ho capito che avevamo creato qualcosa di enorme, perché ero arrivata con la mia macchina e non trovavo posto. Ho chiamato l'ufficio stampa della Mondadori per giustificarmi: “Guarda scusa ci deve essere qualche evento perché non trovo parcheggio”. Lei è scoppiata a ridere e mi ha detto “Ma siete voi l’evento!”.
Quando sono arrivata al Maxxi e ho visto le transenne, con più di mille persone non riuscivo a crederci. Alle presentazioni dei libri, spesso e volentieri, se vengono cinquanta persone è già tanto. Vedere 1200 persone, era un concerto rock.
Siete riuscite a creare un fenomeno attraverso degli argomenti e un linguaggio che non erano stati usati prima.
Noi siamo andati a risalire la foce di tutte queste donne, da Moana Pozzi a Moira Orfei passando per Santa Caterina (donne che sono lontane per secoli, per geografie, per scelte, eppure si parlano così tanto l'una con l’altra), e abbiamo comunicato la loro storia in una maniera molto semplice, con un linguaggio che Michela definiva “potabile”.
La cosa che noi abbiamo sempre fatto, e che oggi io continuo a fare, era raccontare le vite delle altre, o degli altri, perché poi abbiamo raccontato anche la storia di uomini, di persone in transizione.
Morgana è uno stato d'animo e non è un genere e ci piace travalicare i generi.
Nell'ultima stagione c'è David Bowie che è stato gay, etero, bisessuale, è stato qualsiasi cosa, perché comunque con il suo corpo ci ha permesso di capire che cosa vuol dire inseguire il desiderio.
E se ti chiedessi di citare una figura esemplare, un’immagine significativa, cosa sceglieresti?
Probabilmente sceglierei questa scena, che ha per protagonista la scrittrice Margaret Atwood. È un’immagine domestica: una signora che la mattina spazza il patio di casa dalle foglie. Siamo intorno ad Halloween, il suo vicino di casa è un avvocato, esce per andare al lavoro, la guarda con la scopa di saggina e si mette a ridere, le dice di fare attenzione perché i bambini del vicinato potrebbero spaventarsi, perché lei ha questi capelli bianchi, riccissimi, gli occhi azzurri, è vestita con un caftano tutto nero e la potrebbero scambiare per una strega.
Margaret Atwood guarda il suo vicino di casa, gli sorride e gli dice che le farebbe molto piacere essere scambiata per una strega, perché è ancora un mondo in cui la paura incute più rispetto dell'ammirazione.
E in quella frase, “La paura incute più rispetto dell’ammirazione", c'è dentro tutto: tutta l’opera di Margaret Atwood e tutta la fatica che ancora oggi ogni donna deve fare per essere ritenuta credibile.
Dobbiamo risultare spaventose per non essere più spaventate e dunque in quella frase c’è forse il modo che Michela e io abbiamo utilizzato per creare “Morgana”.
Trovare parole che creano brecce: 4 cose che ci portiamo a casa
Il potere delle storie non convenzionali
Tagliaferri e Murgia hanno avuto successo raccontando storie di donne "abrasive" e "scomode", distaccandosi dalle narrazioni edificanti tradizionali. Dobbiamo ricordarci sempre di esplorare prospettive alternative e di dare voce a ciò che solitamente rimane inascoltato, perché sono queste le storie che rompono gli schemi e in cui pubblico si rispecchia.L'utilizzo di un linguaggio "potabile"
Nonostante la complessità dei temi trattati, hanno scelto di comunicare con un linguaggio accessibile ("potabile", come lo definiva Murgia). È cruciale infatti adattare il nostro linguaggio al pubblico a cui vogliamo parlare senza banalizzare i contenuti, rendendo comprensibili anche concetti complessi.La creazione di una comunità attorno ai contenuti
"Morgana" ha generato una vera e propria community trasversale per età e background. Questo ci dimostra come contenuti autentici e che potrebbero risultare anche scomodi per qualcuno siano in realtà quelli più efficaci nel rispondere a dei bisogni reali e a creare un senso di appartenenza che trascende i confini del mezzo comunicativo e delle generazioni.L'importanza di superare i canali tradizionali
Quando le porte dei media tradizionali si sono chiuse, Tagliaferri e Murgia hanno trovato nuove strade attraverso piattaforme emergenti. È importante essere flessibili, sperimentare nuovi formati e lasciare che sia la nostra visione a guidarci dandoci l'opportunità di sperimentare oltre ai canali consolidati.