Design with savasana
Come recuperare il nostro spazio creativo per progettare esperienze che generano emozioni
Ciao! Questa è la newsletter de I MILLE. Si chiama Forward perché da qui proviamo a guardare in avanti (e anche perché se poi le cose che scriviamo ti piacciono le puoi inoltrare a qualcuno che ti piace). Come te, altre +1700 persone che lavorano nel mondo della comunicazione, del marketing e del digitale leggono I MILLE Forward, e in più di 26.000 seguono quello che abbiamo da dire su LinkedIn e Instagram.
Io sono Silvia Colantoni, Design Lead de I MILLE, e nella vita di tutti i giorni mi diverto a progettare esperienze digitali che funzionino bene e facciano pure sorridere. Oltre a coltivare una passione quasi imbarazzante per gli animali e le pizzette rosse, adoro capire le persone e le loro emozioni. E sì, in questa newsletter ti parlerò proprio di questo.
Siamo esseri umani, quindi proviamo emozioni. E meno male, mi verrebbe da dire.
Però non è scontato: non avete idea di quanto sia facile perdere di vista questa bussola quando si fa un lavoro che tutti i giorni ti spinge a creare qualcosa di efficace, razionale e data-driven.
Se ci pensate però, “creare” non è qualcosa di opposto, alla razionalità? Creare, dal sanscrito “kar-tr”, cioè il creatore, "colui che fa dal nulla". Eppure eccoci qui, oggi, in un contesto socio-culturale e lavorativo che quando si parla di lavori creativi ci mette nella posizione di dover giustificare tutto.
Ma serve davvero essere razionali su ogni scelta che prendiamo? E se questa volontà di razionalizzare sempre ogni passaggio del nostro lavoro ci facesse perdere di vista il senso delle cose che facciamo?
Il diluvio incessante di contenuti culturali
Quando ho letto la newsletter di Fabio, Chief Creative Officer de I MILLE, qualche settimana fa, ho pensato che avesse centrato in pieno un tema su cui riflettevo da tempo:
La ricerca costante di novità, attenzione e stimoli continua a travolgerci sia come professionisti sia come persone, cittadini e pubblico, in un contesto ambiguo e incerto che sembra muoversi ad alta velocità, in un cambiamento strutturale, inafferrabile, ineluttabile. […] Siamo spinti incessantemente a cercare il prossimo "effetto wow", il prossimo hype, la prossima buzzword, il prossimo time filler che ci soddisfi per un po’, almeno fino alla prossima novità, ma senza alcun valore profondo.
Mi sono resa conto di essermi sentita spesso così, negli ultimi mesi: travolta da una corrente di informazioni, tutorial, consigli, articoli e contenuti che è incessante come un mare mosso.
In alcuni periodi surfo sulle onde e mi destreggio fra un contenuto e l’altro, ne traggo beneficio, altre volte è tutto troppo: preferisco prendere un bel respiro, andare sott’acqua e aspettare che l’onda passi.
Un post Instagram di tlon.it, pubblicato circa un mese fa, mi conferma che il mio è un sentimento condiviso da un’intera cultura e generazione:
Il mondo della cultura è diventato una catena di montaggio impazzita, che produce senza sosta e senza chiedersi se c’è davvero qualcuno dall’altra parte in grado di assorbire questa valanga di stimoli. […] Questa pressione alla produzione continua ha definitivamente eroso il tempo necessario per la riflessione, per la maturazione delle idee, per quel processo lento e inefficiente che è la creazione artistica.
Se quindi è vero che siamo tutti iperstimolati e disattenti, cosa posso fare io, come designer, per cambiare nel mio piccolo le cose e progettare con senso? E se la chiave fosse proprio nelle emozioni che proviamo?
Emotion for Dummies, lesson 1
Quando parliamo di esperienze memorabili e significative per gli utenti, oltre all’efficienza e alla razionalità c’è una forza invisibile che si rivela l’ingrediente segreto: l’emozione.
L’esperienza utente non può limitarsi a risolvere problemi: il vero obiettivo è creare connessioni che risuonano a un livello più profondo. Progettare con senso significa abbracciare questa verità: ciò che suscita un’emozione, resta nella mente.
In un’era digitale iper-competitiva, il design che si limita alla funzionalità è destinato a essere dimenticato. Don Norman, nel suo libro Emotional Design, ci insegna che le persone ricordano le esperienze in base a ciò che hanno provato:
Tutto ciò che fai ha sia una componente cognitiva che una affettiva: cognitiva per assegnare un significato, affettiva per assegnare un valore.
I dati lo confermano: uno studio del 2017 dell’Università di Saskatchewan ha scoperto che le interfacce che suscitano un’emozione hanno un effetto significativo sul giudizio umano e sul processo decisionale. Anche la neuroscienza ci racconta che le decisioni di acquisto e le interazioni online sono spesso guidate da scelte inconsce, non razionali.
Progettare con senso non è un lusso, è una necessità.
Esperienze memorabili e dove trovarle
La cattiva notizia è che l’attenzione media di un utente che interagisce con un prodotto è tra i 6 e gli 8 secondi; la buona notizia è che gli utenti sono umani e possiamo farli sorridere con poco.
Prova a pensare all’ultimo prodotto che ti ha sorpreso grazie a una nuova funzionalità o dettaglio. Quello che hai provato è un’emozione leggera, fugace e preziosa, un accenno di sorriso e la voglia di dire alla persona accanto a te che cosa carina hai appena visto/fatto, e magari hai anche avuto voglia di condividerla sui social.
Un esempio emblematico di design emotivo è il famoso Spotify Wrapped. Per chi non sapesse di cosa si tratta: Spotify Wrapped è una funzione lanciata alla fine di ogni anno dall’app Spotify, che fornisce agli utenti informazioni sulle loro abitudini di ascolto della musica durante l'anno.
Grazie a immagini dinamiche, statistiche personalizzate e playlist curate, Spotify Wrapped è diventato un evento atteso che vede un altissimo coinvolgimento da parte degli utenti, che condividono i loro dati con amici e follower sui social.
Spotify ha iniziato nel 2017 a condividere le statistiche di ascolto personalizzate per gli utenti, integrando non solo dati e visual creati ad hoc, ma anche badge per i risultati ottenuti: “Tastemaker” se le tue playlist guadagnano follower, “Pioneer” se pubblichi una canzone che raggiunge un determinato numero di utenti, classifiche personali e mondiali, archetipi di appassionati di musica e video messaggi dai propri artisti preferiti o più ascoltati.
Non solo statistiche musicali quindi, ma una storia personale ed evocativa: nell'odierno ecosistema digitale, costituito da mercati ricchi di dati generati dalle azioni degli utenti, le tendenze e le abitudini di quest’ultimi possono essere analizzate e trasformate in storie di valore (UGD research 2021).
Non serve rivoluzionare un prodotto per creare un’esperienza emotivamente coinvolgente. Spesso, sono i dettagli a fare la differenza e basta una funzionalità ben studiata in un prodotto già lanciato per migliorare brand awareness e coinvolgimento degli utenti.
In sintesi, cosa funziona così bene in Spotify Wrapped?
Crea un’esperienza personalizzata per ogni singolo utente
Spinge il social sharing in più punti
Usa dati, immagini, video e copy per raccontare una storia
Utilizza elementi di gamification come badge e trofei per coinvolgere gli utenti
Ogni anno il tema scelto e i visual sono diversi, creando aspettativa e attesa nella community
E il savasana?
Quando cercavo più informazioni su questi temi mi sono imbattuta in un articolo in cui i direttori creativi di Spotify raccontano come organizzano il flusso di lavoro per creare Spotify Wrapped ogni anno:
Iniziamo a giugno, perché abbiamo bisogno di tempo per esplorare. […] Per esplorare proposte che proprio non funzionano o altre che semplicemente non hanno senso. Non ci accontentiamo finché non ci siamo confrontati una volta di troppo.
Space to explore. Spazio per creare, fermarsi, lasciar scorrere le idee. Citando sempre lo stesso post di tlon.it, “il tempo lungo della creazione, il respiro dell’arte, la sedimentazione lenta del significato”. Mi ha fatto venire in mente savasana, la chiusura di una sessione di yoga.
Dopo una pratica più o meno lunga, più o meno impegnativa, è essenziale prendersi quel minuto in cui si sta completamente immobili, ad occhi chiusi sul tappetino, per assorbire bene tutti i benefici fisici e mentali della sessione appena conclusa.
Mi piacerebbe che il processo creativo funzionasse allo stesso modo: prendersi tutto il tempo necessario per sperimentare, per imparare a trasmettere nuove emozioni lasciandosi trasportare dalle nostre emozioni. Solo poi, fermarsi a riflettere sul significato di ciò che si è creato per razionalizzarlo.
La sfida per il futuro è chiara: come possiamo continuare a progettare esperienze che non siano solo utili, ma che raccontino storie e creino emozioni?
Secondo me, con un po’ di meritato Savasana.
Ciao!