Non per nascita, ma per conquista
Parliamo di diritti, memoria e responsabilità. E lo facciamo partendo da noi stessi.
Ciao! Questa è la newsletter de I MILLE. Si chiama Forward perché da qui proviamo a guardare in avanti (e anche perché se poi le cose che scriviamo ti piacciono le puoi inoltrare a qualcuno che ti piace). Come te, altre +1700 persone che lavorano nel mondo della comunicazione, del marketing e del digitale leggono I MILLE Forward, e in più di 26.000 seguono quello che abbiamo da dire su LinkedIn e Instagram.
Sono Ilaria Coletti, Strategist de I MILLE e con grande orgoglio faccio parte del nostro Comitato per la Parità di Genere, da cui nasce il progetto che voglio raccontarvi oggi.
Un progetto interno, pensato per farci riflettere. Che parla di diritti, ma anche di tempo. Di memoria, di presente e di responsabilità. Che si è fatto oggetto concreto, gesto collettivo e voce personale. In questo numero ti porto dietro le quinte: ti racconto com’è nato, da quale insight ha preso forma, e quali sfide abbiamo affrontato nel realizzarlo.
Il progetto, in a nutshell
Not By Birth è un progetto ideato dal Comitato per la Parità di Genere de I MILLE per portare uno sguardo più consapevole su ciò che spesso diamo per scontato.
È nato da un confronto interno, si è nutrito di ricerca, memoria e realtà, e ha preso forma come gesto collettivo. Un piccolo segno, dentro l’agenzia, per parlare di qualcosa che riguarda ognuno di noi.
Il progetto nasce da una constatazione tanto semplice quanto destabilizzante: molti dei diritti che oggi diamo per scontati, non sono nati con noi. Sono conquiste recenti, fragili, spesso più giovani di chi lavora qui.
Dal brief all’insight
Durante una riunione settimanale del Comitato, è emersa la volontà di lasciare un ricordo durante il nostro intervento all’evento interno I MILLE United dello scorso 23 maggio, qualcosa in grado di rappresentare l’impegno che portiamo avanti ogni giorno per costruire una cultura aziendale più consapevole e inclusiva.
Volevamo qualcosa di bello da vedere, facile da conservare e dal forte valore simbolico.
Le cartoline ci sono sembrate la forma perfetta, degli oggetti “analogici” in un mondo sempre più digitale.
Una volta capito il formato migliore, abbiamo iniziato a lavorare come facciamo di solito nei progetti: raccogliendo suggestioni, costruendo moodboard, cercando riferimenti visivi e culturali.
Il primo spunto è stato quello della memoria storica: perché non creare delle cartoline che potessero celebrare le conquiste fondamentali per la parità di genere (e non solo) nel nostro Paese? Ci sembrava qualcosa di significativo, in linea con l’estetica vintage e l’immaginario che rievocano le cartoline. Abbiamo quindi iniziato a cercare date rilevanti, leggi importanti, momenti di svolta. A quel punto, però, è successa una cosa che non avevamo previsto.
Abbiamo realizzato che moltissime di queste “conquiste storiche” non erano poi così lontane. Che bastava guardare indietro di venti, dieci, cinque o qualche anno per trovare un mondo meno ospitale di quello che conosciamo e che lottiamo per rendere ancora più inclusivo.
Facciamo degli esempi.
Abbiamo scoperto che, fino al 1975, una donna non poteva aprire un conto in banca senza il permesso del marito.
Fino al 1990, l’omosessualità era considerata una malattia mentale dall’OMS.
Abbiamo dovuto aspettare il 1992 per una legge, la 104, che tutelasse le persone con disabilità.
Lo stalking è reato solo dal 2009.
O ancora: la parità salariale tra uomini e donne è legge dal 2010. I MILLE è nata nel 2004.
Questo cambio di prospettiva ci ha scosso. Abbiamo provato a calare questo ragionamento nelle nostre vite. Pensavamo di essere persone venute al mondo già con una serie di diritti. E invece non solo non è così, ma anzi molte sono conquiste più vicine di quanto crediamo. È stato in quel momento che abbiamo capito: non stavamo parlando di passato. Stavamo parlando di noi.
Dall’insight all’idea
L’insight era potente. I diritti non sono nati con noi e non ci spettano dalla nascita.
Ma come trasformare questa potenza in un messaggio abbastanza forte anche per chi avrebbe ricevuto le cartoline?
“Le cose più belle della mia vita non sono mai nate dall’amore ma dalla rabbia”, ha detto Chiara Tagliaferri durante uno degli ultimi I MILLE Welcomes. Una frase che può risultare spiazzante a primo impatto, ma che è riassuntiva di questo progetto. Perché sì, questa idea è nata anche da una rabbia sana. Quella rabbia che provi quando scopri di avere dato per scontato qualcosa che invece è stato conquistato a fatica. Che ci stavamo concentrando così tanto sul futuro da perdere il punto di partenza. Che tante cose che oggi raccontiamo con orgoglio sono il frutto di lotte che non conosciamo abbastanza.
Nella nostra rabbia, abbiamo iniziato a rapportare ogni diritto conquistato a noi, ai nostri colleghi e alle nostre colleghe: “Ma vi rendete conto che Gaia è nata prima che lo stalking diventasse reato?”, “Ma vi rendete conto che Matteo è nato prima che venissero abrogati il delitto d’onore e il matrimonio riparatore?”
È da qui che l’idea ha preso forma: una cartolina per ogni collega, con il proprio nome e una verità scomoda, personale, attuale. Un modo diretto e coinvolgente per trasformare un messaggio collettivo in qualcosa di intimo. Qualcosa da tenere, da rileggere, da non dimenticare.
Sul fronte, il nome accompagnato dall’evento o il diritto acquisito successivamente alla nascita di quella persona.
Sul retro, l’anno di riferimento e una breve spiegazione del contesto.
Dall’idea all’execution
Una volta definito l’insight e trovata una forma che sapesse restituirne la forza, è arrivata la parte più impegnativa: far funzionare tutto davvero. Perché in teoria è tutto bello, ma poi si passa alla pratica.
Avevamo 88 cartoline da realizzare. Volevamo che ogni cartolina fosse unica, ma che allo stesso tempo facesse parte di un sistema visivo coerente. Un oggetto personale, ma che raccontasse una visione collettiva.
Problema #1 - La lunghezza dei nomi
Il primo problema è che abbiamo nomi di lunghezza molto diversa: Maria Vittoria, Francesca e Riccardo non occupano lo stesso spazio all’interno del layout di Marco, Sara e Silvia.
I nomi corti tendevano a perdersi nello spazio, quelli lunghi a comprimersi fino a diventare quasi illeggibili, creando ingombri più grandi o più piccoli e, per conseguenza, delle cartoline sbilanciate. Non potevamo permetterci un sistema che penalizzasse chi ha un nome più lungo, né volevamo ricorrere a soluzioni diverse per ogni caso: avremmo compromesso la coerenza dell’intero progetto.
Per questo abbiamo scelto un layout unico per tutti. E, per adattare nomi di lunghezze e forme diverse senza perdere armonia, abbiamo lavorato su un sistema tipografico modulare: tre font, studiati per occupare lo stesso spazio visivo anche con un numero di lettere diverso. Un equilibrio invisibile ma fondamentale, per parlare allo stesso modo a ogni collega, dando a ciascun nome la stessa dignità e lo stesso peso grafico.
I tre font sono stati selezionati non solo per rispondere a un’esigenza tecnica, ma anche per rafforzare visivamente il messaggio del progetto. Tre caratteri, tre voci grafiche distinte ma coerenti, ciascuna capace di adattarsi alle diverse lunghezze senza perdere in tensione, leggibilità, armonia.
Per i nomi brevi come Gaia, Silvia, Ilaria abbiamo scelto Feature Display, un font serif con una forte personalità e delle caratteristiche (come il contrasto e le grazie) che gli conferiscono una tensione dinamica, quasi inquieta. È un font che non si accontenta di essere decorativo, ma pretende attenzione. Lo abbiamo scelto perché restituisce perfettamente quel senso di urgenza e immediatezza che il progetto vuole evocare.
Manner per i nomi medi come Assunta, Daniele, Virginia. È un sans-serif ispirato al modernismo svizzero, ma con un tocco caldo, quasi empatico. Il suo disegno è preciso ma mai freddo, e questa doppia natura, tra razionalità e umanità, lo rende un carattere autorevole ma accessibile, capace di comunicare con chiarezza senza alzare la voce.
Infine, abbiamo scelto Magno Sans per i nomi lunghi come Maria Vittoria, Alessandro, Massimiliano. Si tratta di un font geometrico elegante, che unisce la pulizia delle proporzioni razionali a dettagli gestuali e raffinati. Nella sua versione condensed, ci ha permesso di ospitare nomi molto lunghi senza sacrificare leggibilità o impatto. Magno Sans è un font che sa occupare poco spazio con grande presenza, mantenendo intatto il messaggio.
Problema #2 – La lunghezza dei testi
La seconda difficoltà ha riguardato i testi: sia sul fronte sia sul retro della cartolina, avevamo l’esigenza di comunicare in modo diretto e potente, rispettando però gli spazi rigidi imposti dal layout. I testi dovevano essere brevi, incisivi, perfettamente leggibili.
Soprattutto, dovevano essere precisi, con il diritto non si scherza. Nessuna approssimazione, nessuna ambiguità: ogni parola andava scelta con cura millimetrica, ogni sintesi doveva restituire la forza e l’esattezza del messaggio originario, senza rischiare incongruenze e senza tradire la sostanza normativa.
Ridurre senza banalizzare, condensare senza sacrificare il rigore: è stata una vera sfida editoriale ma che ci ha permesso di mantenere intatti il valore e la credibilità di quello che volevamo comunicare.
Problema #3 - La palette colori
Anche la scelta dei colori ci ha messo alla prova: cercavamo una palette brillante, vivace, in grado di attirare l’attenzione e rappresentare al meglio lo spirito del progetto.
Ma il passaggio da RGB a CMYK – chi lavora con la stampa lo sa – è sempre un salto nel buio: quello che brilla sullo schermo spesso si spegne sulla carta, i contrasti si perdono, e con loro anche parte della forza del messaggio.
Abbiamo fatto numerose prove di stampa per trovare un equilibrio tra intensità, leggibilità e coerenza. Alla fine, abbiamo selezionato cinque colori principali, bilanciati tra loro per saturazione e luminosità: giallo, viola, azzurro, verde, rosa.
Li abbiamo poi abbinati per ottenere dieci combinazioni cromatiche differenti: tutte brillanti, tutte leggibili, tutte in armonia.
Problema #4 - La restituzione
Una volta stampate le cartoline, ci siamo trovate davanti a un’ultima sfida: come raccontare il progetto ai nostri colleghi e alle nostre colleghe senza rovinare l’effetto sorpresa, mantenendo intatta la forza del messaggio?
Serviva qualcosa che fosse chiaro ma d’impatto, capace di spiegare il senso dell’operazione senza anticipare troppo. Abbiamo quindi tradotto l’idea in una presentazione e una video case pensate per colpire, emozionare e accompagnare la consegna delle cartoline con la stessa intensità con cui le avevamo immaginate.
Ricevi, conserva, inoltra
Not By Birth è nato come un progetto interno, ma fin da subito ci siamo rese conto che parlava anche al di fuori di noi. Che non è solo una questione aziendale, o di genere, o di design. È una questione di consapevolezza. Di memoria. E di responsabilità.
Perché i diritti non sono garantiti per sempre.
Sono frutto di coraggio, di impegno, e di chi è venuto prima di noi.
E oggi sta a noi decidere come continuare a difenderli.
Questa newsletter è il nostro modo di condividere un pezzo di questo percorso.
Se ti ha colpito, ti ha fatto riflettere o ti ha stimolato una domanda, inoltrala a qualcuno.
E se vuoi parlarne con noi, ci trovi sempre lì dove ci troviamo meglio: nel dialogo.